L’identificazione dei potenziali fattori di rischio per le demenze, la cui incidenza aumenta di pari passo con l’invecchiamento della popolazione a livello globale, e per l’ictus cerebrale, rappresenta un importante obiettivo per contrastare queste patologie, altamente invalidanti, con un forte impatto sociale ed economico, e molto diffuse nel nostro Paese: secondo l’ISTAT, infatti, più del 4
Il ruolo dell’alimentazione e dello stile di vita nel mantenimento della funzione cerebrale e della capacità cognitiva lungo tutto il corso della vita continua quindi ad essere al centro dell’attenzione di clinici e ricercatori. In particolare, l’associazione che emerge da studi di carattere epidemiologico tra l’assunzione moderata di caffè e tè (tra le bevande più consumate al mondo) e il rischio di sviluppare specifiche patologie cerebrali, e in particolare del rischio di ictus e declino cognitivo grave, è piuttosto controversa.
A supporto di tale associazione arrivano i risultati dell’analisi dei dati relativi a oltre 365.000 soggetti, di età compresa tra i 50 e i 74 anni, afferenti alla UK Biobank. Nel corso degli 11 anni di follow-up il rischio di ictus e demenza era ridotto del 32 e del 28% tra coloro che avevano riferito all’inizio dello studio di bere tra le 2 e le 3 tazze rispettivamente di caffè o di tè al giorno in confronto a chi non ne consumava affatto. Più nello specifico, bere caffè, da solo o in combinazione con il tè, si associava a un minore rischio di ictus ischemico (ma non emorragico) e di demenza su base vascolare (ma non della tipica demenza di Alzheimer).
La combinazione delle due bevande è risultata correlata ad una maggiore riduzione del rischio rispetto al consumo di tè o caffè singolarmente: dalle analisi della correlazione dose-risposta è emerso che la probabilità di andare incontro a un ictus o una forma di demenza era più bassa del 30% per consumi compresi tra le 2 e le 3 tazze di caffè in associazione con 2-3 tazze di tè al giorno. Il rischio era invece maggiore sia tra chi non assumeva queste bevande, e sia tra chi ne dichiarava un consumo eccessivamente elevato.
Va sottolineato che gli incoraggianti risultati ottenuti possono essere almeno in parte spiegati dal buon contenuto di polifenoli e altre sostanze bioattive dalle comprovate proprietà antiossidanti e antinfiammatorie che caratterizza queste bevande. Le variazioni rilevate per i consumi moderati, per quanto modeste, possono avere un impatto notevole in termini di salute pubblica, dal momento che una grande parte della popolazione assume abitualmente caffè e/o tè e tende a mantenere l’abitudine nel tempo. La natura osservazionale dello studio, tuttavia, come del resto precisano gli autori nelle conclusioni, non consente di dimostrare un possibile nesso di causalità tra il consumo di caffè e tè e la riduzione del rischio di ictus, demenza o di demenze post-ictus.
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