Secondo una recente review gli integratori di chetoni possono contrastare i problemi di performance associati alle diete chetogeniche e favorire il recupero fisico
La review pubblicata su Frontiers in Physiology, si poneva come obiettivo la presentazione delle scoperte effettuate su studi animali e clinici circa l’impatto dei chetoni sul recupero post-attività fisica, il potenziale meccanismo di azione, e l’interazione metabolica con altre vie metaboliche relative al recupero fisico, oltre allo studio dei punti di forza e delle limitazioni fra chetosi endogena e esogena nel recupero post-attività fisica. Dopo aver analizzato tutti gli studi pertinenti contenenti le parole chiave “chetoni e recupero fisico” su PubMed, è stato osservato che sebbene i preliminari studi animali mostrassero che i chetoni endogeni (ottenuti alimentando gli animali con dieta chetogenica) potessero rivelarsi protettivi contro il danno ossidativo e migliorare il recupero (Huang et al., 2018; Ma et al., 2018a) vi erano diverse preoccupazioni circa il fatto che la mancanza di carboidrati nell’organismo potesse ostacolare la performance (Cox et al., 2016). Con la nascita degli integratori di chetoni, gli atleti sono riusciti ad incrementare le concentrazioni di β–idrossibutirrato nel sangue (BHB), giungere ad uno stato di chetosi senza tagliare i carboidrati, ed essere al contempo in grado di accumulare substrati con i chetoni per ottimizzarne gli effetti nella performance fisica e nel recupero post-attività. La review ha concluso che l’integrazione di chetoni, assunti dopo l’esercizio insieme a carboidrati o proteine, può favorire il recupero fisico e afferma anche che gli integratori di chetoni consentono l’accumulo di molteplici substrati che favoriscono la qualità del periodo di recupero. “In futuro, l’aggiunta di proteine e carboidrati ed altri integratori come carnitina, creatina o addirittura bicarbonato di sodio, potrebbe essere parte di una strategia di recupero volta a massimizzare ciò di cui l’organismo ha bisogno per adattarsi e crescere”, secondo quanto affermato nella review.
Carboidrati o proteine?
La review osserva che il monoestere di chetone, quando assunto con solo glucosio, può incrementare la secrezione di insulina, l’assorbimento del glucosio, e/o la sintesi del glicogeno, mentre il monoestere di chetone assunto con proteine (soprattutto contenenti leucina) e glucosio, attiva i target mTOR e upregola la sintesi della proteina mediata dalla leucina.
In casi molto specifici, quando il periodo di recupero è scarso, il monoestere di chetone e la somministrazione di glucosio può costituire una opzione per assicurare che il glicogeno sia ripristinato in un breve periodo di tempo. Altrimenti, se viene fornita una quantità sufficiente di carboidrati (al di sopra della soglia di stoccaggio massimo del glicogeno in 24 ore), le scorte di glicogeno saranno reintegrate al baseline (Ivy et al.,2002; Burke et al., 2004).
Dunque, il monoestere di chetone con glucosio e proteine sarebbe una migliore opzione per ripristinare i livelli di glicogeno (Vandoorne et al., 2107) beneficiando della riparazione e recupero della upregulation della sintesi proteica mediante attivazione di mTOR.
Alleviamento della fatica
Gli studi hanno mostrato un potenziale beneficio dei chetoni nel recupero e nell’alleviamento della fatica. Durante l’esercizio, i livelli di triptofano nel cervello aumentano, comportando un incremento di 5–idrossitriptamina (5-HT)– un elemento chiave nella sensazione di fatica (Watson et al., 2004; Hormoznejad et al., 2019).
Stando a quanto affermato, il chetone riduce l’FFA ematico (Cox et al., 2016). FFA compete per i siti di legame sull’albumina con triptofano e quando i livelli di FFA nel sangue si riducono, le concentrazioni di triptofano libero si riducono dal momento che questo si lega all’albumina. Questo comporta una minore penetrazione di triptofano nel cervello e un incremento della sensazione di fatica.
Bicarbonato di sodio
Uno studio ha mostrato che il bicarbonato di sodio mitiga l’acidosi lieve causata dal monoestere di chetone negli atleti rivelando il potenziale dell’uso del monoestere di chetone per migliorare la performance (Poffe et al., 2002a). Questo suggerisce che il bicarbonato di sodio potrebbe aiutare l’organismo a raggiungere più velocemente un pH ottimale durante il recupero e fornire l’ambiente ideale affinché enzimi e ormoni inizino il processo di recupero e riparazione.
Studi futuri
La più grande limitazione di questa review consiste nella mancanza di studi volti ad indagare l’effetto dei chetoni sul recupero post-attività fisica, dal momento che la maggior parte degli studi si sono concentrati sugli effetti dei chetoni sulla performance fisica.
La review suggerisce che gli studi futuri si concentrino sul ruolo del pH nel recupero e cerchino di determinare in modo più preciso la soglia di BHB ematico necessaria per un recupero positivo.
“Tutti e tre gli studi che hanno usato il monoestere di chetone nell’ambito della strategia di recupero hanno ottenuto fra 2.5 e il 5 mM di BHB ematico dopo ingestione di chetone monoestere. I dati suggeriscono anche un beneficio del recupero con la sola dieta chetogenica, che generalmente genera livelli ematici BHB di 1-2 mM. Ipotizziamo dunque l’esistenza di una soglia di recupero BHB e supponiamo che tale soglia si collochi fra 1 e 3 mM BHB”.
“Mentre l’introduzione di chetoni esogeni incrementa ampiamente le opzioni e le combinazioni della composizione nutrizionale per migliorare il recupero, è ancora troppo presto per tranne ogni conclusione definitiva, poiché gli studi sono ancora pochi”.
“Ulteriori studi sono necessari anche per determinare se altre forme di chetoni esogeni, come (R,S)-1,3-butanediol-acetoacetate diester, 1,3-butanediol, o sali BHB o precursori dei chetoni come acido caprilico ed altre composizioni di trigliceridi a catena media, siano in grado di indurre benefici di recupero similari incrementando i livelli BHB sulla soglia ipotizzata”.
“La determinazione dell’esistenza e del valore di questa soglia di recupero ipotizzata consentirà ai medici di somministrare chetoni esogeni in modo più accurato, insieme a quantità ottimali di carboidrati e proteine e relativi sotto-tipi costituenti”.