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La rigenerazione completa della pelle rappresenta un ostacolo clinico significativo, che ha un impatto su innumerevoli individui a livello globale e presenta soluzioni limitate. La sfida per il ringiovanimento della pelle è stata a lungo perseguita, con l’obiettivo di fornire una speranza alle vittime di ustioni, ai soldati feriti e a coloro che sono afflitti da disturbi della pelle, tutti alla ricerca di una guarigione completa. Quando si tratta di trattare ferite cutanee a tutto spessore, l’innesto di pelle autologa è stato storicamente il metodo preferito, ma la sua efficacia è limitata dalla scarsa disponibilità di pelle prelevabile. Gli innesti accessibili sono in genere transitori o, se sono permanenti, mancano di alcune caratteristiche chiave della pelle sana, spesso risultando in un effetto cicatriziale. La realizzazione di pelle a tutto spessore è rimasta finora un obiettivo irraggiungibile.
Il bioprinting emerge come un promettente approccio alternativo alla produzione di sostituti della pelle, grazie alla sua capacità di replicare l’organizzazione strutturale della pelle naturale in strati biomimetici in un ambiente controllato di laboratorio. Un recente lavoro di ricerca pubblicato su Science Translational Medicine dagli scienziati del Wake Forest Institute for Regenerative Medicine (WFIRM) descrive un notevole passo avanti nello sviluppo di pelle biostampata che accelera la guarigione delle ferite, favorisce il rimodellamento sano della matrice extracellulare e infonde speranza per un recupero completo delle ferite.
Questa ricerca prevedeva il bioprinting di tutti e sei i tipi di cellule umane primarie presenti nella pelle, combinati con idrogel specializzati in qualità di bioinchiostro. Questo processo ha portato alla creazione di una pelle multistrato a tutto spessore che comprende tutti e tre gli strati presenti nel tessuto umano normale: epidermide, derma e ipoderma.
Una volta trapiantata su ferite a tutto spessore in topi nu/nu, la pelle biostampata con cellule umane ha facilitato una rapida vascolarizzazione e la formazione di creste epidermiche, rispecchiando l’epidermide umana nativa e mantenendo una matrice extracellulare dall’aspetto naturale. La colorazione specifica delle cellule ha confermato il successo dell’integrazione delle cellule impiantate nella pelle rigenerata. Con una strategia simile, è stato trapiantato un innesto di pelle suina autologa bioprintata di 5 centimetri per 5 centimetri su ferite a tutto spessore in un modello di ferita escissionale suina. L’innesto cutaneo biostampato ha migliorato l’epitelizzazione, ridotto la contrazione cutanea e facilitato la normale organizzazione del collagene, riducendo al minimo la fibrosi. L’analisi dell’espressione genica differenziale ha rivelato un aumento dell’attività delle proteasi pro-rimodellamento nelle ferite trapiantate con innesti di pelle autologa bioprintata.
Grazie all’uso innovativo della esistente tecnologia di bioprinting, il team del WFIRM ha dimostrato la fattibilità di ottenere una rigenerazione cutanea completamente funzionale. Gli innesti cutanei bioingegnerizzati forniscono ora una struttura a tre strati per una copertura completa delle ferite a tutto spessore. Questi risultati dimostrano in modo conclusivo il potenziale della pelle biostampata nel supportare la rigenerazione cutanea, facilitando la guarigione delle ferite non fibrotiche e accennando alla sua fattibilità per applicazioni cliniche umane.