Modello di meccanismo dell’inibizione della girasi da parte dell’albicidina DOI: 10.1038/s41929-022-00904-1
L’antibiotico chiamato albicidina, è prodotto dal patogeno batterico Xanthomonas albilineans, che causa le devastanti ustioni fogliari della canna da zucchero. Si ritiene che l’albicidina venga utilizzata dal patogeno per attaccare la pianta, consentendone la diffusione. È noto da tempo che l’albicidina è altamente efficace nell’uccidere i batteri, tra cui E. coli e S. aureus. Questi superbatteri, noti per la loro crescente resistenza agli antibiotici esistenti, hanno fatto emergere la necessità vitale di nuovi farmaci efficaci.
Nonostante il suo potenziale antibiotico e la sua bassa tossicità negli esperimenti preclinici, lo sviluppo farmaceutico dell’albicidina è stato ostacolato perché gli scienziati non sapevano esattamente come interagisse con il suo bersaglio, l’enzima batterico DNA girasi. Questo enzima si lega al DNA e, attraverso una serie di eleganti movimenti, lo attorciglia (un processo noto come superavvolgimento) – un processo vitale per il corretto funzionamento delle cellule.
Ora, il gruppo di ricerca del Dr. Dmitry Ghilarov del John Innes Centre, insieme ai laboratori del Prof. Roderich Süssmuth della Technische Universität di Berlino, in Germania, e del Prof. Jonathan Heddle della Jagiellonian University, in Polonia, ha sfruttato i progressi della microscopia crioelettronica per ottenere una prima istantanea dell’albicidina legata alla girasi. Lo studio è stato pubblicato su Nature Catalysis.
È emerso che l’albicidina si organizza una forma a L, che le consente di interagire sia con la girasi che con il DNA in un modo unico. In questo stato la girasi non può più muoversi per avvicinare le estremità del DNA. L’effetto dell’albicidina è simile a quello di una chiave inglese inserita tra due ingranaggi.
Il modo in cui l’albicidina interagisce con la girasi è sufficientemente diverso dagli antibiotici esistenti da rendere la molecola e i suoi derivati efficaci contro molti degli attuali batteri resistenti agli antibiotici.
Sembra che, per la natura dell’interazione, l’albicidina colpisca una parte davvero essenziale dell’enzima e che sia difficile per i batteri sviluppare una resistenza. Lo studio fornisce una comprensione strutturale che permette di sfruttare ulteriormente questa tasca di legame e di apportare ulteriori modifiche all’albicidina per migliorarne l’efficacia e le proprietà farmacologiche.
Questo lavoro è già iniziato: il team ha utilizzato le proprie osservazioni per sintetizzare chimicamente variazioni dell’antibiotico con proprietà migliorate. Nei test, queste varianti sono risultate efficaci contro alcune delle più pericolose infezioni batteriche nosocomiali, tra cui Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Salmonella typhimurium.
Il prossimo passo è quello di impegnarsi con collaboratori accademici e industriali e di cercare finanziamenti per portare avanti la ricerca fino alla sperimentazione clinica sull’uomo. Ciò potrebbe portare allo sviluppo di una nuova classe di antibiotici, di cui c’è urgente bisogno per far fronte alla minaccia globale della resistenza antimicrobica.
DOI: 10.1038/s41929-022-00904-1