È ormai ampiamente riconosciuto che la comparsa delle malattie cardiovascolari, alle quali viene attribuito oltre il 30% dei decessi e delle disabilità a livello globale, riflette un’intricata interazione tra fattori modificabili legati allo stile di vita, come il fumo, la sedentarietà, l’alimentazione scorretta, e non modificabili, quali sesso, età e predisposizione genetica.
Utilizzando i dati di quasi mezzo milione di persone afferenti alla UK Biobank, gli autori di questo studio hanno valutato l’impatto della predisposizione familiare alla malattia sull’associazione osservata tra il consumo di alcuni gruppi di alimenti e il rischio cardiovascolare.
Dall’analisi delle informazioni relative a alimentazione, stile di vita, storia familiare di malattie cardiovascolari o propensione genetica a queste patologie raccolte tra i partecipanti seguiti per circa 11 anni, è emerso innanzitutto che la probabilità di sviluppare patologie cardiache era maggiore del 5% tra coloro che consumavano due o più porzioni a settimana di carni trasformate rispetto a chi non ne consumava affatto; al contrario, mangiare pesce tre volte la settimana o più, formaggio cinque volte o più, frutta e verdura quattro volte o più, è risultato correlato a un rischio minore rispettivamente dell’8%, 10%, 7%, e 2% rispetto ai consumi più bassi. Diverso è il discorso per la carne rossa e il pollame, per i quali in questo studio (a differenza di altri) non è stata trovata alcuna associazione significativa con il rischio cardiovascolare.
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