Al recente MARCA 2022, sono stati presentati i dati dell’Osservatorio Packaging del Largo Consumo di Nomisma. Silvia Zucconi – Responsabile della Business Unit Market Intelligence di Nomisma – ha proposto una (re)visione del ruolo che la sostenibilità ricopre oggi, alla luce del mutato contesto internazionale.
Il conflitto russo-ucraino unitamente all’indisponibilità di materie prime ha condotto ad un importante aumento dei costi di gas, petrolio, rame e alluminio con ricadute tanto nel mondo produttivo quanto nelle scelte di consumo familiari. L’approvvigionamento energetico italiano dipende, infatti, per il 42% dal gas, per il 36% dal petrolio e per l’11% da energie rinnovabili. Una simile dipendenza da gas e petrolio ha prodotto un aumento della bolletta energetica italiana di 68 miliardi di euro. L’aumento dei costi energetici e delle materie prime sono tra le principali difficoltà prodotte dal conflitto e lamentate da oltre 9 imprese su 10.
Le imprese italiane stanno pensando a strategie per superare le nuove difficoltà imposte dallo scenario conflittuale e dagli spillover prodotti sull’intero sistema produttivo. La revisione dei prezzi di vendita è la prima via d’uscita indicata dall’87% delle imprese. 1 impresa su 2 sta poi valutando nuovi mercati di approvvigionamento così da oltrepassare le criticità attuali.
Nel periodo 2021-2023, inoltre, 1 impresa su 4 si dice inoltre intenzionata ad effettuare ecoinvestimenti, scelta che può generare vantaggi in termini di fatturato, occupazione ed export come testimoniano le performance delle aziende che hanno già effettuato investimenti green – migliori di quelle realizzate da imprese che non hanno invece acquistato prodotti e tecnologie verdi.
Tuttavia, il clima di fiducia delle imprese – che a marzo si attesta a 105,4 contro il valore di 107,9 registrato a febbraio – testimonia la complessità del momento attuale e i precari equilibri su cui si sta muovendo il mondo produttivo italiano.
La congiuntura appena descritta induce una frenata del PIL italiano, che – nel caso in cui il conflitto terminasse a luglio 2022 – si prevede del +1,9% nel 2022 e +1,6% nel 2023.
Come si traduce un simile scenario nelle scelte di consumo delle famiglie italiane -preoccupate per la guerra russo-ucraina e per il generale aumento dei prezzi? Come stanno reagendo e come reagiranno gli italiani alle conseguenze prodotte dal conflitto e da un’inflazione di cui già si paventava nel 2021? Si assiste, innanzitutto, ad un crollo del clima di fiducia dei consumatori, che scende al di sotto dei livelli pre-pandemici.
Nonostante la GDO stia contenendo il trasferimento degli aumentati costi di produzione e trasporto ai consumatori, gli italiani hanno già ben chiare le strategie di risparmio da adottare per salvaguardare il budget familiare in caso di un aumento generale dei prezzi. Per il 45% la soluzione sarà quella di concentrare gli acquisti su soli prodotti e servizi indispensabili effettuando un decuttering del carrello. 1 italiano su 5 prevede invece di ridurre le quantità acquistate senza però rinunciare alla qualità dei prodotti e dei servizi scelti. L’11% dovrà invece effettuare un “doppio taglio” al carrello – sia in termini di quantità che di qualità.
Fonte: www.nomisma.it/