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- 06/05/2022

UN SALTO NEL TEMPO – UNA NUOVA TECNICA RIAVVOLGE L’ETÀ DELLE CELLULE DELLA PELLE DI 30 ANNI

Beauty Horizons IT

Una ricerca del Babraham Institute ha sviluppato un metodo per far “saltare nel tempo” le cellule della pelle umana di 30 anni, riportando indietro l’orologio dell’invecchiamento delle cellule senza perdere la loro funzione specializzata. Il lavoro dei ricercatori del programma di ricerca Epigenetica dell’Istituto è stato in grado di ripristinare in parte la funzione delle cellule più vecchie, oltre a ringiovanire le misure molecolari dell’età biologica.

 

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista eLife e, pur essendo in una fase iniziale di esplorazione, potrebbe rivoluzionare la medicina rigenerativa.

  • Tornare indietro nel tempo

Il nuovo metodo, basato sulla tecnica vincitrice del premio Nobel che gli scienziati utilizzano per produrre le cellule staminali, supera il problema di cancellare completamente l’identità delle cellule arrestando la riprogrammazione a metà del processo. Questo ha permesso ai ricercatori di trovare un equilibrio preciso tra la riprogrammazione delle cellule, rendendole biologicamente più giovani, e la possibilità di recuperare le loro funzioni cellulari specializzate.

 

Nel 2007, Shinya Yamanaka è stato il primo scienziato a trasformare le cellule normali, che hanno una funzione specifica, in cellule staminali che hanno la capacità speciale di svilupparsi in qualsiasi tipo di cellula.

Il processo completo di riprogrammazione delle cellule staminali dura circa 50 giorni e si avvale di quattro molecole chiave chiamate fattori di Yamanaka. Il nuovo metodo, chiamato “riprogrammazione transitoria della fase di maturazione”, espone le cellule ai fattori Yamanaka per soli 13 giorni.

 

A questo punto, i cambiamenti legati all’età sono stati eliminati e le cellule hanno temporaneamente perso la loro identità. Alle cellule parzialmente riprogrammate è stato dato il tempo di crescere in condizioni normali, per osservare se la loro funzione specifica di cellule della pelle fosse tornata. L’analisi del genoma ha mostrato che le cellule avevano riacquistato i marcatori caratteristici delle cellule della pelle (fibroblasti) e ciò è stato confermato dall’osservazione della produzione di collagene nelle cellule riprogrammate.

  • L’età non è solo un numero

 

I ricercatori hanno esaminato diverse misure dell’età cellulare. La prima è l’orologio epigenetico, in cui le etichette chimiche presenti nel genoma indicano l’età. La seconda è il trascrittoma, ovvero l’insieme delle letture geniche prodotte dalla cellula. In base a queste due misure, le cellule riprogrammate corrispondevano al profilo di cellule più giovani di 30 anni rispetto ai set di dati di riferimento.

 

Le potenziali applicazioni di questa tecnica dipendono dal fatto che le cellule non solo appaiano più giovani, ma funzionino anche come cellule giovani. I fibroblasti producono collagene, una molecola che si trova nelle ossa, nei tendini della pelle e nei legamenti e che contribuisce a dare struttura ai tessuti e a guarire le ferite. I fibroblasti ringiovaniti hanno prodotto più proteine di collagene rispetto alle cellule di controllo non sottoposte al processo di riprogrammazione. I fibroblasti si spostano anche nelle aree da riparare. I ricercatori hanno testato le cellule parzialmente ringiovanite creando un taglio artificiale in uno strato di cellule in un piatto. Hanno scoperto che i fibroblasti trattati si spostavano nella fessura più velocemente delle cellule più vecchie. Si tratta di un segnale promettente: un giorno questa ricerca potrebbe essere utilizzata per creare cellule in grado di guarire meglio le ferite.

In futuro, questa ricerca potrebbe anche aprire altre possibilità terapeutiche; i ricercatori hanno osservato che il loro metodo ha avuto effetto anche su altri geni collegati a malattie e sintomi legati all’età. Il gene APBA2, associato al morbo di Alzheimer, e il gene MAF, che ha un ruolo nello sviluppo della cataratta, hanno entrambi mostrato cambiamenti verso livelli di trascrizione giovanili.

Il meccanismo alla base della riprogrammazione transitoria non è ancora del tutto chiaro ed è il prossimo tassello del puzzle da esplorare. I ricercatori ipotizzano che aree chiave del genoma coinvolte nella formazione dell’identità cellulare possano sfuggire al processo di riprogrammazione.